L'arcuccio (arçoun in Occitano) veniva utilizzato per tener sollevato il velo che ricopriva la testa del neonato. L'oggetto custodito al Museo di Ostana risale agli anni '50-'60.
L'oggetto è costituito da un nastro di legno di nocciolo della larghezza di cm 4,5 e dello spessore di mm 3, piegato a forma circolare con le estremità fissate tra di loro con dei chiodini.
Il bambino dormiva in genere nella culla accanto ai genitori, in inverno nella stalla e in estate nella camera o nel fienile alle mèire abitazioni stagionali usate per l'alpeggio. La culla era costruita dal falegname, in legno di larice o di pioppo. Attaccata alla testiera non mancava mai una medaglietta della Madonna. Nella culla si metteva prima della paglia sfusa e quindi un materassino fatto di paglia o di foglie di faggio, una coperta di panno nella parte inferiore per assorbire l'urina ed infine il lenzuolo su cui era adagiato il bimbo in fasce coperto con il lenzuolo e la copertina. Il bambino veniva quindi ricoperto con il velo (lani), appoggiato sull'arcuccio (arçoun). Infine un nastro incrociato (liacuno) legava i due lati della culla in modo che se questa si fosse rovesciata il bambino non cadesse.
L'arcuccio veniva posizionato verticalmente in testa alla culla, in modo che al suo interno vi fosse il cuscino e quindi anche il capo del bimbo. Vi si appoggiava sopra il velo.
Il velo (lani) era grande, in modo da coprire il bambino dalla testa ai piedi. Generalmente era a quadretti bianchi e rossi. Serviva a riparare dal freddo, dalla luce (si credeva che se fossero stati esposti alla luce, i bambini sarebbero diventati ciechi) e dalle mosche (la culla era spesso collocata nella stalla ed il bambino, fasciato dal collo in giù, non poteva muovere le mani).
L'oggetto è una donazione di Vittorina Raso.