In questo secolo, al fidanzamento ufficioso ne seguiva uno più ufficiale. Non era un evento ac­compagnato da una cerimonia particolare ma si trattava più semplicemente di una sorta di tacito accordo tra i due ragazzi che avveniva quando lui regalava un anello (la lionso) a lei.

Nella borgata di Champanho dove si sono mantenute più a lungo alcune antiche tradizioni, i fidanzati si regalavano un accessorio per il gior­no del matrimonio invece dell’anello.

Se la coppia era felice, il ragazzo doveva andare dal futuro suocero per chiedergli la mano della figlia... e non sempre si trattava di un compito fa­cile! A volte il padre, prima di dare il suo con­senso, faceva penare il giovane, anche per met­tere alla prova la sua determinazione nell’af­frontare le difficoltà della vita. Vi erano dei casi in cui i genitori non gradiva­no il futuro genero o la futura nuora, per esempio se questi venivano giudicati troppo poveri o se nel­la loro famiglia si erano verificati casi di handi­cap mentale o fisico. Se i fidanzati erano maggiorenni potevano sposarsi lo stesso, ma spesso i genitori che non approvavano, non davano loro né dote, né soste­gno economico.

Annunci nuziali

Dopo aver fissato la data del matrimonio, i fi­danzati si recavano in municipio per fa scrive, ovvero per far registrare le pubblicazioni di ma­trimonio e successivamente dal prevosto che registrava le pubblicazioni di matrimonio sull’albo pretorio della parrocchia. Solitamente queste registrazioni venivano fat­te di sabato, così che le nozze potessero essere celebrate il secondo sabato successivo a tale da­ta, quindici giorni dopo. Era infatti necessario che, tra il giorno delle pubblicazioni e quello del matrimonio, intercorressero almeno due feste di precetto (due domeniche).
Alla sera lo sposo si recava con la propria fa­miglia a cena a casa della sposa. In tale occasio­ne le famiglie ëncoumënçavën a ëmparëntase (cominciavano a sentirsi parenti) e venivano fatte le dëmonde, ovvero i promessi sposi chiedevano ufficialmente a suoceri e co­gnati se potevano chiamarli mamma, papà, cognato o cognata.

Lo sposalizio

Il giorno dopo, che cadeva di domenica, era il giorno della nounçià. I promessi sposi si recava­no a Messa vestiti completamente a nuovo. Il parroco, al termine della celebrazione, annun­ciava alla comunità le pubblicazioni del matri­monio dei due giovani, invitando coloro che fossero a conoscenza di impedimenti a renderlo noto. All'uscita dalla chiesa gli sposi promessi salu­tavano tutti stringendo la mano e distribuendo caramelle e sigarette.

Per tutti coloro che sarebbero stati invitati al pranzo di nozze, la tradizione prevedeva poi una visita personale. Nel pomeriggio di quel giorno, dunque, i due fidanzati andavano a touchà lo mon de spou a tutti i parenti più stretti, portando in dono sigale longe (sigari) ai primi zii, rouma­nine (sigarette) agli altri parenti maschi e cara­melle alle donne.